martedì 27 settembre 2011

Vrindavan, Uttar Pradesh, sola andata


«Fortunato chi muore qui perché rinascerà libero dai peccati».
"Questa non è vita" disse un'anziana donna che mi apparve davanti uscendo dall'ombra e chiedendomi una rupia. "Siamo tutte morte il giorno in cui morirono i nostri mariti. Come si può descrivere il nostro dolore? I nostri cuori sono divorati dalla pena. Ora aspettiamo il giorno in cui tutto questo finirà."





Esiste una città in India, segnalata come attrazione da molte guide turistiche, che è abitata per la maggior parte da vedove. E’ la città di Vrindavan, nell’Uttar Pradesh. Donne avvolte in sari bianchi sono involontari richiami turistici per indiani ed occidentali che visitano la regione di Braja, che comprende, oltre appunto alla città di Vrindavan, la città di Mathura e il fiume sacro Yamuna. Vrindavan è la città dove le vedove indiane vanno ad aspettare la morte.
Un’antica usanza indù prevedeva la cremazione della vedova sulla pira funebre del marito morto. E’ la Mahasati, la grande sati, o la Sahagamana, la dipartita congiunta. Alcuni studiosi ne rilevano le origini nei Purana, con il suicidio di Satidevi moglie di Shiva per l'affronto fattole dal padre Daksha, che non aveva invitato il marito ad una cerimonia. Sati, dopo essere entrata in raccoglimento yoghico, brucia viva a causa del calore generato dal suo corpo (tapas: calore generato dalla pratica ascetica). Come realizzazione della potenza divina, la sati non dimostrerebbe l’asservimento delle donne agli uomini, bensì la loro forza sacra. Altri attribuiscono l' usanza al periodo pre-vedico; nel Mahabharata vi è l'esempio di Madri, che muore suicida sulla pira del marito Pandu.
Non vi sono i fondamenti delle sati nelle scritture sacre hindu, né all’interno del sacro Veda, né nelle Leggi di Manu. Si può dedurre quindi che, in questo caso, il rito non viene dalla legge, ma è la legge ad essere riflesso del rito. [cit da La crémation des veuves en Inde - Editions du Seuil - 1996 ]
Il Sati diviene una forma particolare di violenza sacrificale, dove, secondo il Dharma (letteralmente, dovere), la sposa deve accompagnare il marito nella vita ultraterrena dopo averlo accompagnato in quella terreste. Corrisponde ad un atto di verità che dimostra che la sposa è virtuosa e fedele, ardendo viva senza manifestare alcuno dolore fisico durante il sacrificio, al quale la donna viene preparata ungendole il corpo con burro chiarificato e legandole fascine di legna sul corpo. Il fuoco come atto di verità e redenzione, l’induzione al suicidio che diventa omicidio collettivo attraverso la fanatizzazione religiosa. Il sati è diventato illegale in india nel 1829, anche se in alcune zone rurali indiane ancora viene praticato, per la maggior parte nel Rajasthan. A un secolo dall’abolizione del Sati, nel 1987, a Deorala, in Rajasthan, Rūp Kanwar si immola sulla pira funebre del marito, spettacolo a cui assiste l’intera comunità.
L’India è per la maggior parte un paese rurale, in cui più del 70% del miliardo di persone che la popola vive in campagne sperdute con fortissimi legami con la tradizione. E’ una società patriarcale, dove è possibile trovare grandi contrasti e dove spesso in nome della religione vengono commessi i soprusi più orribili contro le donne, basti pensare che a differenza di quanto avviene ovunque nel mondo le donne sono in India minoranza nella popolazione, 929 donne contro 1000 uomini (aborto selettivo, assassinio delle figlie femmine). Cibo, cure, sono offerte ai maschi, colonne portanti della comunità, laddove le donne sono un costo a perdere, perché occorre fare loro una dote, costo che può condurre sul lastrico la famiglia di origine, poiché il costo per la dote può assorbire mediamente 5 volte il reddito annuo di una famiglia. Molte sono bambine, date in spose a uomini anziani, 55 milioni di spose bambine sotto i 15 anni di età, 34 milioni di vedove bambine nel 2001.
La legge indiana stabilisce il divieto al matrimonio prima del compimento dei diciotto anni di età, ma in regioni come l’Uttar Pradesh e il Rajastan 17 indiane su cento si sposano sotto i dieci anni (dati dell’Unicef ). Queste bambine, dopo la cerimonia nuziale dovrebbero attendere il primo ciclo mestruale nella casa dei genitori, ma in molti casi vengono consegnate alla famiglia dello sposo immediatamente. Il matrimonio è spesso combinato, seguendo regole di scambio, di alleanza; una volta sposate le donne andranno a vivere nella casa del marito che quindi incamererà la loro dote. La sposa può trovarsi in una condizione miserevole all’arrivo nella casa del marito, ultima arrivata, adibita magari dai fratelli del marito, dalla madre di lui o dalle cognate ai lavori più gravosi, in una condizione che lascia smarriti per la totale assenza di solidarietà femminile. L’ultima arrivata spesso sconta le stesse angherie sopportate dalle altre donne della famiglia, in una perpetuazione di crudeltà. Capita anche che il marito o la sua famiglia sia insoddisfatta per la dote ricevuta, e che ci si sbarazzi della donna, istigandola al suicidio, o simulando incidenti domestici. Nello stesso modo ci si libera anche di molte vedove. Bruciate da un fornello, cadute dalle scale.
Se la situazione della donna sposata molto spesso non è felice, la condizione di vedova può essere molto peggiore, soprattutto tra gli hindu conservatori. La vedova è considerata causa della sfortunata morte del marito, portatrice di sventura. Alla morte del marito perde ogni diritto ed ogni sua proprietà, le viene tolta anche formalmente la propria identità, rasandole i capelli, tagliandole il cordone della felicità (mangalsutra), la collana di perline che corrisponde alla nostra vera nuziale, togliendole il tondino rosso sulla fronte e la striscia rossa tra i capelli (bindi e sindur), i cerchietti di vetro che porta ai polsi, gli anelli alle dita dei piedi. La vedova indossa un sari bianco, il colore del lutto, vivrà in povertà e in isolamento, non potrà risposarsi, la sua vita è volta alla memoria del marito morto. Dietro questa mortificazione anche fisica, dietro l’abbruttimento di queste donne, c’è la precisa volontà di renderle poco seducenti: la rasatura dei capelli, la denutrizione, la perdita di ogni orpello sono mezzi per fare in modo che non possano attrarre altri uomini. Spesso l’allontanamento avviene in modo volontario dopo soprusi ed umiliazioni. E i figli? Se sono maschi restano nella famiglia del marito, se sono femmine a volte seguono la madre a Vridavan.
Il maggior numero di vedove in India vive nella città sacra di Vrindavan, in ashram spesso luridi e sovrappopolati (case-convento) che possono accogliere anche 1500 donne, o semplicemente in mezzo alla strada. Molte ci vanno spontaneamente, molte altre vengono portate via dalla famiglia. La loro giornata passa cantando bhajan, i canti sacri per Krishna, nato appunto a Vrindavan, in cambio di una porzione di riso e fagioli (ashrandhal) e di qualche moneta di elemosina. Mangiano poco, una volta al giorno soltanto, dormono in terra. E’ l’unica forma di sopravvivenza consentita a queste donne oltre al matrimonio con il fratello del marito morto. Malattie, malnutrizione, demenza sono diffusissime. Le giovanissime possono diventare vittime di violenza sessuale, di prostituzione, di compravendita.
Non tutte le vedove sono di bassa casta, non tutte le vedove arrivano da posti rurali e non tutto viene giustificato dal culto. Basta infatti pensare che l'80% delle vedove di Vrindavan arriva dal Bengala Occidentale, dove non è in vigore la legge indù che esclude le vedove dalla spartizione dell' eredità. Il fatto che quindi le vedove possano ereditare i beni del marito spinge le famiglie ad allontanarle, nel timore che vengano accampati diritti sulla proprietà del defunto. Proprio in queste regioni lo Stato indiano offre un sussidio elevato, pari a circa 10 euro al mese, alle vedove. L’ignoranza dei propri diritti e la corruzione dei funzionari fanno in modo che solamente il 3% delle vedove arrivi a percepire il sussidio.
Ci sono progetti per queste donne, che si prefiggono di fare loro ricevere i trattamenti pensionistici di cui sono beneficiarie, o di insegnare un lavoro e dar loro la possibilità di riprendersi la loro vita. Da alcuni anni anche l’attenzione dei mass media, e del cinema. Il film di Deepha Metha, Water, ne è un esempio. La lavorazione di questo film è stata molto osteggiata. Dichiara infatti il produttore David Hamilton : "Abbiamo tentato di girare Water nel 2000, in India. Il set era già pronto, ma poi, a pochi giorni dalle riprese, il movimento dei fondamentalisti ha bruciato il set. Allora abbiamo cominciato a girare nell'hotel dove alloggiavamo, ma fuori la gente urlava e bruciava foto di Deepa. Per due anni lei ha dovuto avere la scorta". Il film è stato girato quattro anni dopo, nello Sri Lanka, quasi clandestinamente.
La tristissima situazione delle vedove indiane è stata la vocazione singolare abbracciata da un’instancabile donna indiana, Mohini Giri. Nata in una importante famiglia di funzionari pubblici, all’età di nove anni perde il padre per un ictus. La madre rimane vedova con sette figli di età compresa tra gli uno e i tredici anni. Pur essendo proveniente da una posizione di chiara fama e prestigio (il padre di Mohini Giri era vice cancelliere dell'università dell’Uttar Pradesh ), la madre, portando il marchio della vedovanza, decide di ritirarsi in un ashram. La piccola Mohini imparerà in quel seppur breve periodo il significato della condizione vedovile delle donne indiane osservando la madre. La famiglia fu presa sotto la protezione di Swami Shivananda, noto filosofo ed insegnante indù, e furono i suoi insegnamenti a fare da guida alle scelte future di Mohini Giri. Nel frattempo la famiglia lasciò l’ashram di New Delhi dopo che fu offerto alla madre un lavoro come produttore musicale.
Mohini Giri potè così frequentare l’Università, dove, a diciotto anni, per la sua competenza accademica e per le sue attività extrascolastiche, fu invitata a un tè con il Governatore dello sato. Colpito dalla Giri e dopo avere indagato sulle origini della ragazza, il governatore scrisse alla madre di Mohini chiedendola come sposa per il proprio figlio. Anche se i matrimoni combinati sono una tradizione della società indiana, Mohini non aveva intenzione di sposarsi in così giovane età. Ma la situazione di sua madre influenzò la sua decisione. Siccome la madre di Mohini era una vedova e le finanze della famiglia precarie, la madre le aveva chiesto di accettare il figlio del governatore, anche perché non sarebbe stato possibile offrile una dote ed avendo poche possibilità di ottenere un altro buon partito.
Nel 1969 , l'uomo che aveva scelto Mohini come sposa del proprio figlio, Varahagiri Venkata Giri, dopo una lunga vita pubblica, ivi compreso il governatorato di tre stati indiani , divenne presidente dell'India. Durante gli anni della sua presidenza (1969-1974) Mohini è stata al suo fianco, imparando e osservando le modalità del servizio pubblico. Questo è stato un grande vantaggio che ha aperto molte porte a Mohini, e le ha garantito inoltre il sostegno di suoi parenti nel partecipare alla vita pubblica. Con la fine della guerra indo-pakistana del 1971, migliaia di donne vedove sono state abbandonate a loro stesse. Giri le descrive come "morte viventi ". Ogni soldato deceduto aveva lasciato una media di cinque donne prive di mezzi di sussistenza, spesso con altre persone a carico. Con l'istituzione della Associazione vedove di guerra nel 1971 e la Guild of Service, Mohini Giri si è impegnata alla cura delle donne infelici che una società legata alla tradizione indiana aveva deciso di ignorare.
Delle donne di Vridavan ha dichiarato: "Vengono qui in cerca di morte, in attesa della morte. Sono in attesa sulle strade e, infine quando muoiono è così triste che non ci sia nessuno neppure per raccogliere i loro corpi, perché il corpo di una vedova è nefasto ".
Con un’organizzazione che conta 27 milioni di membri, la Guild of Service ha visibilmente lenito le sofferenze delle donne emarginate dell'India e non solo delle donne. Tra i suoi molti progetti ci sono case per donne indigenti , la formazione professionale per gli anziani, i campi di alfabetizzazione, campi di salute, e di programmi di auto-aiuto. Inoltre, la Guild of Service ha progetti per strutture educative dedicate ai bambini di strada, per laboratori di insegnamento di lavori per le donne, per ambulatori di consulenza familiare, per citare solo alcuni dei tanti progetti affrontati dalla corporazione della quale la Giri tiene saldamente le redini.
L’attenzione dei mass media, la conoscenza della situazione attuale, il sostegno economico e anche morale, la lotta contro ogni fondamentalismo religioso, possono e devono sensibilizzare il mondo intero contro questa condizione umana terribile che interessa milioni di donne nel pianeta.
Bibliografia
https://www.cia.gov/library/publication ... os/in.html
(stime al 13/12/2007).
Census of India 2001 (stima al 31/03/2006).
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(stime al 13/12/2007).
William Dalrhymple. In India. 2006. Biblioteca Universale Rizzoli
La crémation des veuves en Inde » Paris, Editions du Seuil, 1996
http://22passi.blogspot.com/2008/03/ess ... india.html
http://www.iltuoforum.net/forum/l-argonauta-f35/in-difesa-numero-0-t2499.html

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